Antonio Derro

Nel 2102 pubblicazione del romanzo “Sognando Morgana” edito dall’editrice Genesi di Torino, prefazione di Renato Scavino, copertina di Giuseppe Pisciotta; romanzo premiato al concorso letterario “Saturnio” di Moncalieri nel 2012 e nella recente sesta edizione del Premio Nazionale “Alberoandronico”, tenutasi in Campidoglio, Roma.

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO “SOGNANDO MORGANA”
DI ANTONIO DERRO.

Il romanzo è ambientato a Torino e nel Piemonte occidentale all’indomani della caduta del muro di Berlino, ma il suo raggio d’azione abbraccia l’intero Novecento. Attraverso il sapiente uso delle reminiscenze del protagonista e dei flash-back, l’autore recupera infatti quegli spezzoni di storia passata che sono essenziali alla comprensione del presente e all’impianto ideologico dell’intera struttura narrativa.
Il Novecento è stato il secolo dei grandi “crolli”. Crollo di imperi, da quello cinese del 1911 a quello sovietico del 1989, attraverso la caduta degli imperi tedesco, austroungarico e ottomano, crollo degli imperi coloniali, crollo di muri, come quello di Berlino, e di cortine di ferro, come quella che divideva i paesi dell’Ovest da quelli dell’Est, crollo di ideologie e dei corrispettivi ideali. La filosofia del “crollo” è il leit-motiv che percorre l’intero romanzo e ne sottende l’azione. Il protagonista la sperimenta sulla propria persona nel corso della sua vita. Ha vissuto il crollo dell’ideale del fascismo in cui aveva sinceramente creduto nel corso della prima adolescenza, finché l’esperienza della guerra non ne aveva dimostrato la falsità. Poi, dopo la lotta partigiana, aveva creduto ciecamente nel comunismo, credendo di poter lottare, in nome degli ideali dell’eguaglianza e dell’equità sociale, per una società più giusta e per un mondo migliore. Ma gli eventi recenti, con la fine del blocco sovietico e la messa al bando del termine stesso di “comunista” dalla nomenclatura politica, lo lascia nuovamente orfano e questa volta definitivamente.
A settant’anni si è troppo vecchi per rinascere in una nuova ideologia, che del resto non esiste ancora. Non rimane che coltivare il ricordo dei propri ideali e di un passato senza macchia, senza rimpianti per ciò che poteva essere e non è stato, e senza vane illusioni per l’avvenire. Solo il cuore non invecchia. Accanto al ricordo della moglie prematuramente morta, si affaccia ora il bel volto di una giovane donna, Morgana appunto, che reca nel nome stesso un’indicazione del destino che lo attende. Il suo infatti è il nome di una mitologica figura femminile, inafferrabile e sfuggente, che vive ai confini tra realtà ed illusione in un mondo che non esiste. E accanto a Morgana si affaccia il volto di una bimba, Esperanza, quella che Mauro e Sara, il protagonista e la moglie precocemente morta, avevano atteso invano durante la loro vita da sposi. A questo punto la narrazione si attenta ad esplorare le oscure profondità della psiche in un intreccio di fatti, premonizioni, allusioni e coincidenze che avvincono il lettore per il loro sapore di novità e anticipano misteriosamente la conclusione del romanzo, conferendo alla vicenda una connotazione logica esemplare.
In essa infatti nulla è lasciato al caso. I riferimenti al passato sono essenziali alla comprensione del presente. Le visite ai luoghi della giovinezza, in particolare alle valli alpine dove si era svolta la sua partecipazione alla lotta per la libertà, sono allusive dei fatti futuri e delle mosse che la vita si appresta a compiere per dare un significato alla sua esistenza e prepararle una degna conclusione. Anche il mondo che ruota intorno al protagonista, amici, compagni di partito, avversari politici, semplici conoscenze, è selezionato in funzione dell’efficacia narrativa e della coerenza dell’azione. La stessa conclusione del romanzo pone in evidenza la vita del protagonista vissuta nell’amore della verità e della giustizia, e perciò contrassegnata da violenti contrasti e da implacabili inimicizie. Ed è il compimento di una vicenda esemplare, che si consuma nella necessità di rintracciare un punto di equilibrio, indispensabile per comprendere che la propria vita non sia stata vissuta invano. Questa è la lezione che il bel romanzo di Antonio Derro lascia durevolmente nella mente del lettore.
Prof. Renato Scavino, saggista e scrittore.



Davvero singolare è l’impasto di cui è formata la poesia di Antonio Derro: una misura di fondo che risale al modello ungarettiano, svolto con molta sapienza di ritmi e di rime; uno sfumare di situazioni e di personaggi crepuscolari, in colori tenui, in luci remote, in tagli di scene che, con la loro allusività, suggeriscono una lenta malinconia; lo scatto, a tratti, della passione civile e morale che si inserisce fra le altre due componenti a dare al discorso poetico un che d’aspro e risentito. Sono modi l’uno dall’altro abbastanza differenti: ma Derro sa alternarli con grande finezza e abilità, fino a ottenere una complessiva armonia che si distende in tutta la raccolta, senza scontri e dissonanze capaci di provocare disequilibri di toni.
(Dalla prefazione di Giorgio Barberi Squarotti, alla raccolta “Terre interiori”; ed. Albert Meynier Torino, 1989.)



Da “TERRE INTERIORI”. Ed. Albert Meynier, Torino, 1989


SOFFIA SUI CORPI IL VENTO

Lasciate
che il vento cancelli
l’orme di vilipese terre
il luminoso orgoglio degli eroi
le sevizie dei trafitti.

Alla sabbia geometrica
che non conosce forma
di piede profano
al tenue calore
perdute ceneri
più non sanno tempo
di remoti orrori.

La vita che scorre più non torna.

Ormai esausti
di un’era oltre tempo
soffia sui corpi il vento
e giacciono così
calpestati dalla pioggia
bruciati al sole
per compiere la luce dell’Eterno.



A PIER PAOLO PASOLINI



Strappate le nostre radici
la poca linfa si è asciugata
nel tempo che più non traversa
la futile tua vocazione del morire.

E altro tempo nascerà
- scempio di esuli
ecatombe migratorie -
fuori dal grido della terra.

Ma il lamento sarà corto
un passo prima delle tue spoglie.






Da i NOTTURNI

I

Sul duro del selciato
della neve informe
stagnano sereni di notte
di luci e mendicanti
caduti nell’abbaglio
di girovaghe stelle.

E canti
di vagabondi ubriaconi
cianciano visioni
di candide Eve.



IV

Vive un sogno
decomposto nella tristezza
degli abbandonati
nella caduca vita
vinta alla morte
all’estremo
di una fugata verità.



V

Viene la morte
con un breve ghigno
col nascosto suo furente canto
come della suadente
sensuale prostituta
che mi scruta guardinga
addossata alla parete.









POESIA

Vieni amore
salviamoci dalla polvere;

l’abbraccio che per un attimo ci confonde
i cuori palpitanti
è fumo
è polvere
è deliquio di tempo.

Infinita canzone è il nostro bacio,
onda smemorata
nel cui tragitto si dispiega
l’eterna danza degli amanti.

Pinerolo, 1997





RIVELAZIONI

Nel lascivo liminare dei giorni
incipienti sfondano i segreti
dell’indicibile sgretolarsi di eventi.

Ora vento e pioggia
simultanei nelle cune del viaggio
sventagliano unanime ansietà
di folla.

Nel fondo di tanto ingerminato
dolore,
fugate accensioni uniformano
amene volontà;

persistenti celate volontà,
che perpetuano movenze e moduli

Per necessitate di Deo.

Pinerolo, Agosto 1986



NOI SIAMO PER ESSERE VENTO

Noi siamo per essere vento
immobili terre cotte
al punto d’incognite disgregazioni,
pazienti nell’attesa
al passo dell’epilogo.

Io sento il fuoco e la tempesta dimenarsi
dentro i corpi degli umili
- E’ tutto un sommovimento di placche inquietudini
che rasserenano sconfinati ed umani orizzonti
dentro il luccichio di accesi volti.

Queste umane presenze di morte e di movimenti
incedono quali fiumi in piena
ai margini d’antichi moti
di un riscatto mai avverato.

In questo essere fumo
la mia morale mi tradisce;
in questo sapersi niente
e vita e morte nel contempo,
cede l’antica ragione dell’uomo
che freme d’incessante forza liberatoria.

Nel vento dell’antico grido
si è ghiacciato il movimento
che racchiude il dolore;
la forza che porta a vivere
nel verso della vita che trasmuta.

Pinerolo, 1986


DIVINAZIONI

Specchiarmi immemore figura
in uragani di luce riemergere
d’attimo in attimo ricomporsi
nell’insieme d’anime sperdute.

Vuota sera d’inverno del 1997,
hai tacitato tante ferite
seppellito dolore che pure brucia
stracciato il tempo in frantumi di ricordi.

Eccomi solo, uomo d’anima
tra stilemi di anonimi vuoti condomini.
- Dentro un mesto abbandono
il coro alberga del finito canto
quale ultima resa
del perduto sogno.

Aride stanche anime del mio tempo,
l’eco ansito coinvolgente
proietta nella vibratile luminaria della notte
l’ombra sfinita di remote spoglie;

anima le pulsanti vibrazioni
che fanno digrignare i denti
serrare i pugni, l’odio divampare
sopra lastricati di morti.

Silente ombra, domita al passo
equilibrista sul filo che la morte elude;
giocoliera del sangue,
che più nulla chiede
più a nulla si abbandona,
- ancora nel cuore fomenti
sferze di luce,
sobbalzi d’astri.

Io pure vivo in Te
profonda notte della Vita
e l’eco riesumante,
schiuma dagli astri
voragine infinita.

Riposa nel crepuscolo del mio giorno
dimessa quiete di ilarità soffuse.


Pinerolo, Dicembre 1997


NON UCCIDETE I POETI

Non uccidete i poeti
non sono che bianche mosche
dalle ali rotte,
ardenti falò
agitati al vento,
solitari santuari
che montano versi
e vagano lamenti.

I poeti
che non chiedono
che una sola nuvola andante
per viaggiare.

I poeti non sono
Che anime silenziose,
anonimi proletari del verso
casalinghi che vagano in mutande
tra un Lorca sanguinante
e un aristocratico Maupassant.

Non indispettite
il vecchio bizzarro poeta
che cerca , ricerca
- occhiali caduti sul naso,
il verso che sfugge
sul foglio ossessionante.

Non molestate le sue insonnie divoranti...

Lasciate che i poeti si vendano pure
Ai loro versi di vento e di pioggia,
di luce e disamore.

Non uccidete i poeti
che vanno – cuori silenziosi
ai margini del mondo
come barboni
e non credono più
al verso che barattano.

Fuggite, fuggite i poeti
poiché da vecchie streghe quali sono
vi possono incantare,
prendervi entro una rete
di passioni e ideologie brucianti.

Non uccidete i poeti,
ma se proprio dovete farlo,
usate un mezzo di annientamento
che non turbi la coscienza
e restino lisce
le vostre candide mani.

Non lasciate
che il sangue infetto dei poeti
zampilli sulle vostre mani
o vi raggiunga il cuore
- Sarebbe allora la vostra fine.

Pinerolo, 1992


MIO SOGNO

Mio sogno,
chiuso memoriale,
come muta neve biancheggi
nel chiaroscuro dormiveglia
del soppeso sogno.

Di me tutto si irradia
sibilante onda
oltre silenzi e interminati spazi.

Riluce il riverbero dell’esserci.

All’ombra di riflesse, finite geometrie di forme
si sostanzia l’alchimia della materia.

Erta alla luce
attonita nel tempo
infierisce il suo esserci
sanguinanti ferite
al precario equilibrio del mio passo.

Oltre lo sguardo più non osa;
basta il sogno,
l’interiore costruzione morale della memoria
che al passo, ombra rilascia della luce
arresa all’esilio della morte.

Ma la morte,
la morte
che risale con le sue ombre
non è più
che modesta esperienza di vita.

Pinerolo, 1997



CURRICULUM VITAE

BIOGRAFIA:
Antonio Derro è nato a Jacurso ( CZ), il 02/07/1951 da una famiglia di contadini. Negli anni ’68 – ’69 si trasferisce a Torino. Sono gli anni dei grandi rivolgimenti di piazza e inquietudini giovanili, destinati a segnare la propria formazione culturale. Dopo una breve esperienza alla Lancia, ripresi gli studi, si laurea in giurisprudenza, dedicandosi ininterrottamente all’insegnamento, alla ricerca poetica e all’organizzazione culturale.


ATTIVITA’ PROFESSIONALE
Docente di ruolo, di DIRITTO/ECONOMIA, attualmente presso il Liceo Statale “G.F. Porporato” di Pinerolo (TO), con 37 anni di servizio maturato.
Giudice Tributario, presso la Commissione Tributaria Provinciale di Torino, (CTP), con decorrenza 1994.

TITOLI PROFESSIONALI
Laurea in Giurisprudenza, conseguita presso la Facoltà degli Studi Università di Torino, in data 20 – 04 – 1978.
- Corso di perfezionamento post laurea, anno accademico 1996/97 “ La Cittadinanza: cultura, storia e diritto, elementi di didattica” conseguito in data 15/01/1998, presso l’Università degli Studi di Roma “ Torvergata”.
- Corso di Perfezionamento post laurea sulla Formazione della Dirigenza Scolastica, conseguito in data 09/06/2001 presso l’Università degli studi di Firenze.

PUBBLICAZIONI E ATTIVITA’ CULTURALI
1985 – Cura della mostra e del catalogo del libro di poesia contemporanea, con testi di vari poeti italiani, Torino;
1986 – Cura della raccolta poetica “Lettere agli amici” di Elvira Battaini, Milano
1986 – 1987 Cura e allestimento della mostra “Poesia e didattica” patrocinata dal Comune di Pinerolo, Assessorato alla cultura.
1987 – Cura del romanzo “Le memorie di Alberto”, di Nilo Marocchino; Stamperia AGV, Torino;
1989 – Pubblicazione della raccolta poetica “ Terre Interiori”, con prefazione del prof. G.Barberi Squarotti, Torino;
1995 – Cura della raccolta poetica “ Invisibile incanto” di Giuseppe Lardone; ed. Torino;
1997 – Cura dell’antalogia poetica italo-francese relativa al recital poetico dell’incontro internazionale di poesia (Italia, Francia, Belgio), organizzato presso il “Café Procope di Torino;
2000, 2001, 2002, cura di vari allestimenti di mostre sulla nascita ed evoluzione dei diritti umani.
2005 Cura della raccolta poetica “Come una serenata” di Antonio Centorame; ed. Savigliano;
2005 Cura della raccolta di poesie “ Un’ansia nel cuore” di Adriana di Leva; ed. Savigliano
Attualmente è in procinto la pubblicazione di un romanzo e di una nuova raccolta poetica.
Tra i vari riconoscimenti letterari, si menziona il primo premio assoluto per la poesia, nel concorso letterario “Il centenario”, Torino, 1983.

Nel 2102 pubblicazione del romanzo “Sognando Morgana” edito dall’editrice Genesi di Torino, prefazione di Renato Scavino, copertina di Giuseppe Pisciotta; romanzo premiato al concorso letterario “Saturnio” di Moncalieri nel 2012 e nella recente sesta edizione del Premio Nazionale “Alberoandronico”, tenutasi in Campidoglio, Roma.
Ultimamente, molte sue poesie sono state premiate in diversi concorsi, quali il XXXIV Premio di Poesia il Fauno, Firenze, 2012; Premio i Murazzi, Torino, 2013; la recente 19ª edizione del Premio Letterario Internazionale «Trofeo Penna d'Autore», Torino; Premio di Poesia “Parole d’amore” 2013, nella quale edizione gli è stato assegnato il primo premio ex equo.
Antonio Derro è collaboratore da diversi anni del Cenacolo "Clemente Rebora" di Savigliano dove è componente di giuria del premio letterario Massimiliano Kolbe per la sezione poesia.
 
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